venerdì 2 luglio 2010

Risorse ecologiche per grafici



Ieri discutevo con una cara amica sulle modalità per rendere più interessante il curriculum vitae. Anche lei, come tanti altri, è laureata con ottimi voti, ma stenta a trovare un contratto decente che le permetta la dignità dell'autonomia. Anche lei, come tanti altri, è passata da esperienze co.co.pro. a 2,5 euro all'ora. Anche lei, come tanti altri, ha spedito e continua a spedire centinaia di curricula a tutte le aziende del circondario e non solo. Anche lei, come tanti altri -nell'attesa di una risposta- vive nell'aggiornamento perpetuo, seguendo corsi a pagamento in giro per l'Italia.

Il CV è il nostro feticcio, la nostra preghiera, il nostro grimorio.
Ci lambicchiamo le meningi per cercare di capire come apparirà agli occhi del destinatario, se è meglio usare il grassetto o no - e se magari ci mettessimo un po' di colore?- ma la foto ci sta o fa velina? E poi che foto ci metto? Meglio sorridente o seria?
Personalmente ho sempre cercato di buttar giù i miei CV il più in fretta possibile (mi conosco: sarei caduta nella nevrosi delle mille varianti se solo ci avessi trascorso sopra più del tempo necessario alla semplice stesura e correzione).
Dal momento che cercavo un impiego nel settore grafico, oltre alla variante "classica" in Word, ho redatto anche un CV in pdf corredato di immagini di alcuni miei lavori. Ma a lungo andare questa duplicità ha cominciato a creare solo confusione, così ho deciso di tornare al vecchio CV testuale in Word, rimandando la visione dei miei lavori ad un porfolio on-line segnalato come link. Soluzione decisamente più agile e facilmente aggiornabile!

La chiacchierata con la mia amica mi aveva fatto venire la voglia di rinfrescare il mio noioso CV Word. Inizialmente mi era balenata l'idea di spargere colori dapperttutto per attirare l'attenzione, poi però ho cominciato a sentire una vocina molto ecologica che mi diceva che quella non era la strada giusta. Quanto inchiostro inquinante sarebbe stato impiegato per rendere solo un po' più brillante il mio indirizzo e le mie esperienze lavorative? E poi, accidenti, quanto mi sarebbe costato?
Condotta sulla retta via dal fidanzato ecologista, mi sono messa a ragionare "verde" anche in questo frangente. E l'idea è saltata fuori: un curriculum vitae stampato su carta riciclata utilizzando la font ecologica segnalata dall'amico Michele nel suo blog GreenIT!

La font si chiama Ecofont Vera Sans, la produce una ditta olandese che vende on-line un interessante pacchetto software per stampanti. Il software si interfaccia con la tua stampante e "crivella" i caratteri dei tuoi files in modo da farti consumare meno inchiostro possibile.
La font ha l'ulteriore pregio di essere carina, moderna, fresca e di facile lettura. Molto probabilmente la manterrò anche per la versione da spedire via e-mail, anche perché i destinatari, se interessati, provvederanno senz'altro a stamparlo per studiarselo ben bene!

Reperire delle risme di carta riciclata per stampanti non è stato così facile come credevo. La prima telefonata di ricerca è stata ad un rivenditore di cartucce il quale mi ha detto di non tenerne in negozio e anzi, di non volerle nemmeno più usare visto che costano più care delle risme di carta normale. Ho quindi contattato un rinomato - e costosissimo - negozio con servizio plotter del centro storico, ma anche questa volta la risposta è stata che non ne tenevano. Il terzo tentativo è andato finalmente in porto e così ora sono l'orgogliosa proprietaria di 3 rarissime risme di carta riciclata tedesca dal biancore quasi puro.

Una ovviamente è per te, Michele!

mercoledì 30 giugno 2010

Elogio dell'artigiano



Recentemente ho ricevuto in regalo una borsa creata da Manù.
E' un modello postina midi impreziosito da una grande foglia
autunnale di vite (che fra l'altro pare sia il mio albero custode!). Ho scelto questa pianta istintivamente perché mi aveva attratta dal primo momento, ma poi, pensandoci, devo ammettere che dalla vite ho avuto molto, ma ne parlerò in seguito. Torniamo a noi: la borsa è un oggetto unico, realizzato con maestria e passione da una donna che ha fatto della sua arte il suo lavoro e il suo sostentamento.
Quanti, come lei, vivono intensamente questo irripetibile connubio fra cuore e materia? Quanti dei nostri amici o parenti spendono le loro ore libere nella gioia di collegare la mano al cuore, trasferendo in un oggetto tangibile un po' di loro stessi?
Come li consideriamo? Dei professionisti in fieri o semplicemente degli hobbisti della domenica?

Per una corrente dello Zen giapponese (di cui ora ho dimenticato il nome), ogni piccolo gesto, anche il più umile, è come una preghiera. La vita viene celebrata e ringraziata nell'operosità. Ma è così anche in ordini monastici cattolici, come quelli di San Benedetto, il cui famosissimo motto "ora et labora" ha dato uno schiaffo morale alle esagerazioni ascetiche del tempo.
L'artigiano in effetti - quello vero - è un po' monaco della sua arte: chino sul suo lavoro, spreme il massimo da sé per ottenere il miglior risultato possibile. E anni di questa "santa pratica" regalano alla fine i loro frutti: c'è chi riesce a mantenersi col proprio lavoro, c'è chi lancia una moda e c'è chi invece mantiene la sua arte sul piano dell'hobbistica, senza per questo perdere mai l'impegno e la consapevolezza del costante miglioramento.

Ho un esempio in famiglia: mia madre ha sempre dipinto, fin da ragazzina. All'epoca sua madre regalava a sua insaputa i suoi quadretti come ringraziamento a qualche sua conoscente (erano povera gente del dopoguerra: non si potevano permettere scatole di cioccolatini o di biscotti). E questa cosa le faceva male, come le fa male tutt'oggi vedersi tornare da una mostra un'opera tutta sfregiata. Sì perché capita anche questo in società come la nostra dove si sono persi pesi e misure, dove il "fatto a mano" è ancora una cosa da poveri.
C'è da far perdere gli entusiasmi anche ai santi...e invece no! Mia madre a tutt'oggi sperimenta mille altre forme d'arte, dalla cartapesta alla pittura su tavola con le terre naturali, dalla scultura su creta alla realizzazione di bambole di stoffa. Il vero artigiano vive di ciò che fa.
Dovrei imparare da lei: mai fossilizzarsi, mai fermarsi, mai "sedersi". Se c'è qualcosa di nuovo che non so fare, allora lo posso imparare! E' un insegnamento attuale, eppure antico: quanti dei nostri nonni o bisnonni hanno lasciato l'Italia alle spalle per comiciare da capo al di là degli oceani? Quanti artigiani hanno edificato fortune immense o anche solo piccoli negozi grazie alle loro mani e - soprattutto - al loro cuore?

Impariamo a dare - e a darci - valore.





martedì 29 giugno 2010

Overture



Salve a tutti,
oggi apro questo piccolo spazio sul Web per parlare principalmente di grafica, arte, cultura, progetti, idee irrealizzabili...
In parole povere, questo è un blog di una classica "bambocciona" ultratrentenne -disoccupata- che vuole andare avanti nonostante tutto e ha l'assurdo progetto di aprirsi partita i.v.a. per guadagnarsi il pane nel già saturo mercato della grafica.

Humm, una bella sfida, no?